L’alleanza con Abramo – Gen 17,3-9

Gen 17,3-9

In quei giorni Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui:
 
«Quanto a me. ecco la mia alleanza è con te:
diventerai padre di una moltitudine di nazioni.
Non ti chiamerai più Abram,
ma ti chiamerai Abramo,
perché padre di una moltitudine di nazioni ti renderò.
 
E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te usciranno dei re. Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. La terra dove sei forestiero, tutta la terra di Canaan, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio».
 
Disse Dio ad Abramo: «Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione».

Se si procede ad una lettura lineare del libro della Genesi, tralasciando la preoccupazione per la cronologia di composizione dei testi, si nota che dallo sguardo universale dei primi undici capitoli si passa a considerare la storia di un singolo, Abram. Il Signore lo chiama, e gli fa intraprendere un cammino umano e spirituale teso portare la benedizione divina a tutte le genti. Questa vocazione ha per tema l’≪alleanza≫ (berìt in ebraico e testamentum in latino), che esprime la salvezza come comunione con Dio.

Il brano riporta alcune delle parole che Dio gli rivolge. L’alleanza che intende stipulare fa seguito a quella con Noè dopo il diluvio e sarà a fondamento di quella definitiva con Mosè al Sinai. A differenza di quelle politiche, essa non si esprime come un patto bilaterale, ma come una promessa. È Dio solo a prendere un impegno, e ad esso dichiara che resterà fedele per sempre. Questo impegno richiederà certamente un’accoglienza per portare frutto, ma resterà sempre la sua precedenza rispetto ad ogni dovuta risposta umana. I profeti ne metteranno in luce il motivo dominante, l’amore (la grazia), nella prospettiva di vederla pienamente attuata nel futuro, incisa nei cuori dallo Spirito. Ciò che si realizzerà in Gesù.

Meditare questo brano è un esercizio contemplativo. Se la fede nasce dall’ascolto (e non da elucubrazioni), occorre lasciarsi interpellare nel profondo da questa immagine di Dio: Egli è colui che si prende cura dell’uomo. Di ogni uomo, e quindi anche di me. La dedizione (la grazia) è la stoffa del suo essere. Le personali immagini di Dio devono purificarsi di fronte a questa rivelazione. I salmi di lode, che ad una mentalità adolescente spesso danno fastidio perché sembrano una preghiera ≪senza utilità≫, sono invece il respiro di un’anima innamorata, che non si sente schiacciata dalla grandezza di Dio, perché la riconosce esprimersi nell’amore. Come Gesù alla lavanda dei piedi nell’ultima cena. Sia chiaro: non un amore mieloso, sdolcinato, romantico, giocato su emozioni. Dio è amore e giustizia insieme, misericordia e rettitudine, bontà e verità. L’amore di Dio rivelato in Gesù ha come cifra distintiva la croce, non i buffetti. Ma proprio per questo resta l’amore sublime, consegna della vita per gli amici. E per questo ≪sangue versato per la nuova ed eterna alleanza≫. Comunione con la vita divina che, sola, rende felici perché è il bene.

d. Fabrizio